È stata Ada D'Adamo, con il romanzo "Come d'aria" edito dalla Eliot a vincere la settantasettesima edizione del "Premio Strega con 185 voti, ma non lo saprà mai. La scrittrice, nata nel 1967, è infamata morta negli scorsi giorni per una lunga malattia.
La cinquina degli autori finalisti era composta anche da Maria Grazia Calandrone con "Dove non mi hai portata" (Einaudi), Andrea Canobbio con "La traversata notturna" (La nave di Teseo), Romana Petri con "Rubare la notte" (Mondadori) e Rosella Postorino con "Mi limitavo ad amare te" (Feltrinelli). Ada non era una scrittrice di professione, ma a Roma si era diplomata all’Accademia Nazionale di Danza e laureata in Discipline dello Spettacolo. Ha trascorso molto tempo a osservare il corpo e le sue declinazioni sulla scena contemporanea, e lo ha scritto in diversi saggi sulla danza e il teatro. A portarla alla scrittura è stata l’esperienza personale di madre di una bambina nata, nel 2005, con una rara forma di malformazione cerebrale.
Sul nome della bambina, Daria, si gioca il titolo del memoir, che come un sussurro suggerisce che la ragazza nata con disabilità è per chi la ama fatta “Come d’aria”. “Avere un figlio invalido - osservava la D’Adamo nel suo memoir - significa essere soli. Irrimediabilmente, definitivamente soli. Indietro non si torna. Uguale a prima non sarà più. È come se dentro di te si fosse accomodato il punteruolo delle palme che rosicchia la pianta dall'interno piano piano, la trasforma in un involucro pieno di segatura. La superficie resta uguale, ma sotto i bordi, sotto la pelle, non resta più niente. La solitudine è fatta di puntini piccoli, uno vicino all'altro. Non te ne accorgi”.
Francesco Rizza
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