I suoi amici glielo avevano promesso e così è avvenuto. Ad un paio di anni dalla morte, Filippo Falbo è tornato a Santa Severina: cittadina che aveva amato e dove aveva studiato nel Liceo Ginnasio, in cui si era avvicinato a quegli studi classici e letterari che non aveva mai lasciato. L'occasione è stata offerta dall'ennesimo appuntamento organizzato dal caffè Letterio nel "Museo del Caffè" realizzato dal già sindaco Bruno Cortese in piazza Campo: spazio sospeso fra il castello e la cattedrale dove storia, cultura ed arte si confrontano quotidianamente, insieme a più inizistive cultirali che vi attirano visitatori dalle cittadine limitrofe. Nativo di Mesoraca, ma per lustri rsidente a Torino dove si era insegnato nell' ambiente culturale frequentando fra gli altri Italo Calvino e Gianni Vattimo, Filippo Falbo é stato un artista poliedrico, scultore ma essenzialmente scrittore, poeta e critico letterario. Le sue letture di Dante Alighieri e Giacomo Leopardi, con una rilettura de "L'infinito" che ha fatto storia nel secondo Novecento, sono ormai di dominio pubblico come la tradizione delle favole di Fedro adottate in più facoltà universitarie. Ciò nonostante non aveva mai tagliato il cordone ombellicare con Mesoraca ed il Crotonese, come prova l'ultima pubblicazione edita da Laterza: "Ginestra Bianca" raccolta di sonetti in vernacolo edita postuma. A ricordarlo, in un vivace confronto confronto con Santino Altimari che a nome della associazione dei borrelliani ha annunciato la nascita nella Biblioteca comunale di una sezione dedicata alle opere degli studenti del Liceo classico, Luigi Capozza saggiata, poeta ed amico intimo di Falbo. In un periscopio di emozioni in cui ha anche inserito delle proprie liriche relative al rapporto con Santa Severina, Capozza ha sottolineato fra le altre cose che i racconti sul Sud di Falbo rappresentano un luogo privilegiato di una indimenticabile Weltanschauung, che lega la forza della memoria e il senso della perdita della propria infanzia elevate a simbolo universale della “faccia” drammatica della vita e della morte, della precarietà e della fragilità dell’esistenza, che la nostra epoca. Altro libro presentato nel corso della serata"Katabasis", romanzo dal chiaro sapore orfico pitagorico, di Giovanni Maria Arnone intervistato da Silvano Cavarretta: un altro innamorato di Santa Severina che definisce "cittadina atemporale frequentata anche dalle menti del Marchesato". Attraverso un viaggio in quell'inferno che alle volte può essere la vita di molti, il romanzo di Arnone è comunque un percorso positivo. Solo analizzando i propri problemi interiori, questo il messaggio che l'autore ha affidato alle proprie pagine è possibile interiorizzarli e superarli, riuscendo ad uscirne per "riveder le stelle".
Francesco Rizza
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