Tutti i nodi arrivano al pettine. Probabilmente dovrà essere demolito il palazzo di via dell`Accademia n°8, nel quartiere per gran parte abusivo di via Colla a Petilia Policastro. Così ha deciso la settima sezione della Consiglio di Stato cui, difesi dall'avvocato Mario Saporito, si erano rivolte alcune famiglie famiglie residenti. Era l'ottobre del 2017 quando in un garace al piano terreno del palazzo si era aperta una voragine, probabilmente collegata ad alcuni cunicoli esistenti nella zona. A distanza di alcuni anni dalla disputa fra cittadini, Amministrazione comunale e Prefettura, la Corte di Appello ha respinto il ricorso contro la determina n°31 del 17 maggio del 2019, con cui si ordinava losgombero coatto dell'immobile.
"Gli appellanti - si legge nella sentenza - ritenevano che nel caso di specie non sussistesse il pericolo contingibile ed urgente" . Fra le altre cose, la Corte d'Appello osserva che "il Comune avrebbe avuto il tempo necessario per attuare gli strumenti ordinari, senza che fosse giustificabile il rincorso contingibile ed urgente. Ciò sarebbe anche dimostrato dalla circostanza che la situazione che ha dato origine all'ordinanza si è verificata nel 2017, ossia due anni prima della data di adozione dell'ordinanza ed il Tar ha correttamente ritenuto che alla stregua degli elementi rappresentati il provvedimento impugnato si presenta come atto vincolante a tutela della pubblica e privata incolumità". Quella del quartiere Colla, forse più di altre zone del Centro e delle Frazioni policastrese, è il segno più tangibile di quell'anomia urbanistica imperante nella Cittadina dell'alto Marchesato crotonese. Fra gli anni Settanta e Novanta del secolo scorso, per motivazioni prevalentemente elettorali, le Amministrazioni comunali policastresi non hanno fatto quasi nulla contro il cartello di un ampio cartello di costruttori che, a richiesta della popolazione, costruirono palazzoni di cinque, sei piani anche in zone fragilissime come appunto la zona Colla e la zona Chiatri sotto le quali esistono numerose grotte e si è avuto il coraggio di costruire a ridosso o ad addirittura sopra alcune falde acuifere che sono scomparsi dal centro abitato. La stessa tangenziale che è stata probabilmente l'opera pubblica più ampia di quegli anni, ancora oggi, ha numerose curve e tornanti perché nel corso della sua realizzazione, sorgevano spesso nella notte pilastri e palazzi abusivi e chi gestiva la cosa pubblica invece di prevedere l'abbattimento dei manufatti abusivi preferiva acquistare un altro tornante e prevedere un'altra curva alla tangenziale in costruzione. Poiché tutto nella vita ritorna, a distanza di decenni, la popolazione e le Amministrazioni che si succedono alla guida del Municipio si trovano a scontare gli errori di un periodo relativamente lontano sui quali, probabilmente, occorrerebbe quanto meno aprire un ragionamento. Possibile che con i fondi del Pnrr non si possa almeno sanare una percentuale del sanabile?
Francesco Rizza
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